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A Santa Marta il decesso, nel reparto hospice del locale ospedale, di un'anziana donna, malata terminale, viene subito catalogato come morte per cause naturali, ma una onlus, dedita all'assistenza ai malati gravi o a pazienti soli e bisognosi, che, improvvisamente, vede sfumare un grosso lascito testamentario a suo favore, presenta una denuncia e induce i carabinieri ad aprire un fascicolo di morte sospetta. Infatti, la settimana successiva sarebbe stato redatto alla presenza di un notaio un nuovo testamento, con cui la donna avrebbe assegnato la maggior parte del suo patrimonio alla organizzazione di volontariato, lasciando pochi beni agli eredi legittimi, cioè ai due figli e un nipote. Dall'esame autoptico, disposto dal maresciallo Ranieri, a capo delle indagini, risulta la presenza di una dose massiccia di insulina nel sangue, che, iniettata in dose elevata in un soggetto non affetto da diabete e non utilizzato abitualmente, ne ha provocato il coma e la successiva morte. L'arma del delitto è quindi individuata in una semplice fiala di insulina. La messa a fuoco da parte degli inquirenti dell'ambiente ospedaliero e la vita privata dei congiunti della vittima permette di scoprire delle realtà sconcertanti. Per la soluzione del caso le ipotesi sono tante: vi sono vari moventi, principalmente basati su motivazioni di natura economica ma anche su un deprecabile errore terapeutico. I sospetti cadono su diversi soggetti e la soluzione del delitto quasi perfetto non è facilmente immaginabile.